“Il nostro tempo è adesso”, cantano i Negrita. Eccolo il momento magico di Stefano Provenzano: trascinatore in campo e diligente papà fuori. Al suo terzo anno in granata, la guardia di Matino ha voltato pagina, lasciandosi alle spalle gli acciacchi fisici che ne avevano minato il rendimento. «Nel mio primo anno a Nardò – ricorda Provenzano – non ero neppure a metà del mio stato di forma. Sono stato diversi mesi out a causa del ginocchio, son rientrato e mi son rotto il dito… che sfortuna». Quindi lo scrupoloso lavoro dello staff sanitario granata e il graduale ritorno sui livelli che lo consacrarono come una delle più fulgide promesse del basket salentino: «Nella passata annata sono sceso in campo con regolarità, ma è adesso che mi sento finalmente bene».
Il suo tempo è adesso ed è qui, a Nardò, “ed è il tempo – prosegue Provenzano – di centrare lo sbarco in Serie B”. Punta i piedi, adora il club e con lo sguardo perso nel vuoto apre la valigia dei sogni: «E non solo la B! Perché non un progetto che ci porti in A2? Qui c’è veramente tutto, credetemi. Ho militato in altre piazze, anche in B1, niente a che vedere con Nardò. Qui c’è una società di altissimo livello, uno staff sempre preciso e organizzato, lo zoccolo duro della rosa da far invidia. Non ci manca veramente nulla». Poi ci ripensa un attimo: «Beh forse ci mancherebbe un palazzetto all’altezza della categoria, ma questa è un’altra storia. Confido però che i tempi siano maturi anche per questa contingenza».
Il tono di voce diventa più sommesso quando i pensieri volano su quel beffardo inizio di stagione, “perché gettammo alle ortiche – ricorda Provenzano – le prime tre partite del torneo”. «Ha inciso molto quella col Mola, giocavamo in casa… che rammarico, a ripensarci. La società giustamente ha alzato la voce, non potevamo essere quelli, ma qualcosa continuava a girare per il verso storto e accusammo altri due bruschi stop. Eravamo tesi, contratti, ma col lavoro quotidiano e la forza del gruppo i reali valori poi sono emersi e siamo tornati ad essere noi stessi, forti e maturi». Quella maturità che il Provenzano papà ha trovato anche fuori dal campo e qui, il tono di voce, è decisamente denso di emozione: «Con l’arrivo di Michele la mia vita è cambiata. Diventare papà è un’emozione indescrivibile». Si ferma, si emoziona. Mancano le parole, così come anche qualche ora di sonno, “si dorme meno, è naturale – aggiunge - ma è tutto più bello».
Con gli occhi lucidi per il piccolo Michele, si passa ad un altro Michele, quel “Jeorge” Simonetto che è un punto di riferimento nell’ambiente granata: «Con lui ho un rapporto eccezionale, lavora scrupolosamente ed è sempre lì, in prima linea, pronto a dare il 110%: è animato da una passione immensa. E poi c’è sua moglie Donatella, io la chiamo la “santa”, è esemplare». Questo, il suo terzo anno in granata, è il più bello anche fuori dal campo: «C’è più armonia nell’aria – nota la guardia 31enne – nelle scorse stagioni tutto finiva sul campo, ora no. Si cena assieme, ci sono più momenti di condivisione, quasi di intimità. E poi ci tengo ai rapporti. È vero, a volte non lo do a vedere, ma mi affeziono molto alle persone. E l’affetto che mi lega a questo gruppo è impareggiabile».
Infine, Provenzano torna sull’argomento che forte gli fa pulsare il cuore: «Vogliamo centrare la promozione, lo vogliamo con tutte le nostre forze. Mi sento un neretino d’adozione e so quanto il salto di categoria sia importante. Carlo, Angelo sono proiettati verso questo sogno. È il loro ed il mio sogno. Sarebbe il coronamento di un percorso di lavoro e sforzi che perdura da anni. Vogliamo dedicare una gioia anche ad Andrea: è il momento di fare la storia». Perché, in fondo, il ritornello suona sempre così: “Il nostro tempo è adesso”.
Scritto da:
Lorenzo Falangone
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